Oggi, l'oro è salito di oltre lo 0,4% attestandosi al di sopra dei 2.010 dollari, ma si appresta a segnare il secondo calo settimanale consecutivo di oltre lo 0,6%, dopo che l’indice dei prezzi alla produzione di gennaio negli Stati Uniti è aumentato più del previsto, raffreddando le prospettive di tagli anticipati dei tassi da parte della Federal Reserve. Come segnalato ieri anche dal presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, che ha dichiarato che è necessario più tempo per valutare la prospettiva di un taglio dei tassi.
L'indice del dollaro chiude la settimana in rialzo e il rendimento dei titoli del Tesoro statunitensi a 10 anni ha esteso i guadagni rendendo l'oro meno attraente.
I dati statunitensi di oggi hanno mostrato che i prezzi alla produzione, dopo quelli al consumo di martedì, sono aumentati a gennaio, in entrambi i casi più del previsto e, anche se l’oro è considerato una copertura contro l’inflazione, tassi di interesse più elevati ne attenuano l’attrattiva.
Pertanto, poiché è improbabile che la Fed possa tagliare i tassi di interesse a marzo, l'oro probabilmente farà fatica a salire molto al di sopra del livello di 2.010 dollari, anzi, considerando che la crescita economica negli Stati Uniti è abbastanza robusta, accompagnata da un’inflazione più elevata, è possibile che i prezzi dell’oro possano nuovamente arretrare al di sotto del livello di 2.000 dollari.
Al momento, le aspettative di un taglio dei tassi di interesse statunitensi si sono spostate da marzo a giugno, come mostrato dallo strumento di CME Fed Watch Tool. Infatti, i mercati scontano una probabilità del 73% di un taglio a giugno.
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